Italiani all’estero: A tu per tu con Beatrice Arturi.

In questa intervista, abbiamo il piacere di conoscere una giovane promessa del dressage internazionale. Con 16 anni di esperienza e un percorso che l’ha portata a competere in 9 Campionati Europei giovanili, la nostra protagonista ci racconta la sua passione per i cavalli, le sfide affrontate nel mondo dell’equitazione e i traguardi raggiunti, tra cui il prestigioso ruolo di primo cavaliere presso la scuderia tedesca Gestüt Sprehe. Tra sogni olimpici e l’ambizione di riportare in Italia una visione equestre innovativa, la sua storia è un esempio di determinazione, sacrificio e amore per lo sport.

  1. Ci racconti un po’ di te: Da quanto tempo pratichi equitazione? Come ti sei avvicinata al mondo del dressage? Ho iniziato a montare a cavallo all’età di 7 anni, quindi ormai sono 16 anni che pratico equitazione. Come molti, ho iniziato con il salto ostacoli, ma dopo una brutta caduta che ha spaventato sia me sia i miei genitori, ho deciso di cambiare disciplina e dedicarmi al dressage.Nonostante il cambio fosse inizialmente dovuto all’incidente, una volta iniziato il dressage ho capito che era davvero il mio mondo. Saltare, al di là della caduta, non mi entusiasmava particolarmente, mentre il dressage mi ha fatto sentire subito a casa. Ho cominciato la mia carriera con i pony e, crescendo, sono passata ai cavalli e ho avuto la fortuna di incontrare subito la cavalla,  con la quale sono riuscita a partecipare ai Campionati d’Europa.
  2. Quali sono stati i tuoi maggiori successi a livello agonistico fino ad oggi? Nel corso della mia carriera, ho avuto l’onore di partecipare a ben 9 Campionati Europei Giovanili, raggiungendo più volte la finale e collezionando esperienze e risultati che porto nel cuore. Ho conquistato diversi titoli ai Campionati Italiani, ma ci sono due risultati in particolare che considero davvero speciali: il sesto posto agli scorsi Campionati Europei U25 con Destiny Old e il sesto posto ai Campionati Europei Junior con Donaudistel.
  3. Quali sono stati i cavalli più importanti per te ? C’è un cavallo con cui hai avuto un legame speciale? La mia cavalla del cuore è stata senza dubbio Donaudistel, che purtroppo è venuta a mancare prematuramente. Con lei avevo un legame incredibile, era come una migliore amica oltre che la mia compagna di gara. Donaudistel mi ha insegnato veramente a montare: nonostante fosse una cavalla di grande qualità, non era per nulla facile. Ricordo che all’inizio non faceva praticamente nulla di quello che le chiedevo. Poi, a un certo punto, ci siamo capite, e da quel momento in gara sapevo sempre che avrei potuto contare su di lei. Mi dava sempre il suo cuore. Un altro cavallo speciale per me è Destiny. Anche se purtroppo nell’ultimo Campionato Europeo non era al massimo della forma, in tutte le altre competizioni è sempre stato formidabile, dimostrando una grande sintonia e una voglia di dare il meglio. Entrambi questi cavalli mi hanno lasciato un segno profondo, insegnandomi lezioni uniche che porterò sempre con me.
  4. Ormai è già qualche anno che lavori presso la scuderia gestuet sprehe. Come è nata questa opportunità e cosa ti ha spinta a fare questo passo? Sono ormai tre anni che lavoro al Gestüt Sprehe, un’esperienza iniziata quasi per caso. Ricordo che una sera, mentre scrollavo il telefono, mi sono imbattuta in un articolo su Eurodressage in cui si parlava di una ricerca di un cavaliere da parte di Sprehe. Senza pensarci troppo, ho inviato il mio curriculum, senza dire niente a nessuno, convinta che non mi avrebbero mai considerata. Poi, una mattina prestissimo, mi è arrivata la loro risposta. Lo dissi subito a mio padre, che mi accompagnò in Germania per fare la prova. Era dicembre, e ricordo ancora l’emozione di quel momento. Mi presero subito, e da gennaio cominciai ufficialmente. All’inizio mi sono fatta la gavetta, lavorando con cavalli piuttosto complicati e normali, e montandone solo 3 o 4. Nel frattempo, aiutavo anche a preparare altri cavalli. Questa fase, però, è durata poco: nel giro di un mese, mi hanno affidato altri cavalli, tra cui due importanti stalloni da riproduzione. Oggi sono il primo cavaliere della scuderia, anche se continuo a essere seguita dal mio capo, Sabine Rueben. Raggiungere questa posizione non è stato facile, ma il duro lavoro ripaga sempre, a patto che sia fatto nel modo corretto. Non basta lavorare giorno e notte: bisogna lavorare con metodo e precisione. Sono molto fortunata ad avere al mio fianco ottimi tecnici che mi guidano costantemente, come Laura Conz, il mio capo Sabine Rueben, e Sebastian Hainzl. Inoltre, una persona di cui sono profondamente grata è Mattia Alghisi: il suo aiuto nel lavoro quotidiano è fondamentale. Insieme, formiamo un team di cui sono davvero fiera.
  5. Quali sono i tuoi compiti principali presso la scuderia ? Segui una routine giornaliera specifica o i tuoi compiti variano di giorno in giorno? All’inizio, il mio arrivo al Gestüt Sprehe non è stato affatto facile. Ricordo bene i momenti difficili e i pianti che ho fatto: una scuderia così grande e strutturata può metterti alla prova, e all’inizio non mancano gli ostacoli, anche perché capita che qualcuno cerchi di metterti i bastoni tra le ruote. Per fortuna, non sono una persona che si arrende facilmente, e con determinazione sono riuscita a superare quelle difficoltà. Oggi, nella mia posizione di primo cavaliere, ho 14 cavalli in lavoro. La maggior parte di loro sono cavalli giovani, mentre alcuni lavorano a livelli più avanzati, come il Saint George o il Grand Prix. La mia giornata tipo inizia presto al mattino e consiste principalmente nel salire e scendere da cavallo per tutta la giornata. Oltre al lavoro sui miei cavalli, se necessario, do una mano ai colleghi, sia a casa che in campo prova durante le gare. Questo impegno continuo mi permette non solo di crescere, ma anche di contribuire al lavoro del team e alla preparazione dei cavalli per il massimo delle loro possibilità. 
  6. La tua permanenza in Germania  ti avrà sicuramente permesso di sviluppare una visione personale sulle differenze di approccio alla disciplina del dressage tra l’Italia  e la Germania. Quali sono, secondo te, le differenze principali che stai riscontrando? Da quando sono in Germania, il mio modo di pensare è cambiato radicalmente. Un esempio banale, ma significativo: quando vivevo in Italia, ogni volta che dovevo partecipare a una gara, mi preoccupavo moltissimo. Pensavo: “Oddio, devo portare il cavallo a guardare il campo, fare mille preparativi…”. Ora invece, indipendentemente dall’età del cavallo—che sia un tre anni o un adulto—lo carico sul camioncino il giorno stesso, guido fino alla gara, competo e riparto. In Italia, spesso ci si preoccupa eccessivamente. Capisco che ci possano essere cavalli più “guardoni” di altri, ma non tutti richiedono un’attenzione così minuziosa. Qui in Germania è tutto molto più diretto e pratico: il tempo è ottimizzato e tutto avviene con una semplicità disarmante. Questa esperienza all’estero mi ha fatto capire quanto sia importante provare nuove realtà. Anche se non è facile, vivere e lavorare in un ambiente così competitivo, dove tutti lottano per essere al top e talvolta cercano di metterti in difficoltà, ti fortifica. Sicuramente, ho migliorato il mio modo di montare, ma ciò che ho acquisito più di tutto è la lucidità e la capacità di affrontare ogni sfida con maggiore determinazione e prontezza. Questa esperienza mi ha svegliata davvero.
  7. Quali sono i tuoi obiettivi principali per il futuro? Ci sono competizioni o eventi in cui sogni di partecipare? Sicuramente i miei sogni nel cassetto sono partecipare ai campionati del mondo senior e olimpiadi o vincere un campionato d’europa e sicuramente continuerò a lavorare per realizzare anche solo uno di questi obiettivi. Il mio sogno nel cassetto è anche quello di poter tornare in Italia un giorno e far cambiare un pò le cose e portare un pò della germania in Italia sia nel modo di pensare di cui parlavo prima e di fare. 
  8. Che consiglio daresti a un giovane o a una giovane che sogna di fare carriera nel dressage?  Direi loro di sognare in grande, ma con la consapevolezza che i sogni non si realizzano da soli. Bisogna lavorare con determinazione, sacrificio e impegno per trasformarli in realtà. Ogni obiettivo, anche il più ambizioso, diventa raggiungibile quando si è disposti a dare il massimo e a non mollare mai, neanche davanti alle difficoltà. Sognare è il primo passo, ma è l’azione che fa la differenza.

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